La voce degli autori
Poter scoprire i pensieri degli autori al di là dei loro scritti è sempre stimolante, oltre che utile per comprendere meglio le loro opere, e la diretta tenutasi la mattina del sabato 2 ottobre ne è stata una conferma. Come ogni anno, la Fondazione Bottari Lattes ha organizzato un incontro fra studenti e i finalisti della corrente edizione del premio, quintetto quest’anno composto da Kader Abdolah con “Il sentiero delle babbucce gialle”, Maylis de Kerangal con “Un mondo a portata di mano”, Nicola Lagioia con “La città dei vivi”, Bernardine Evaristo con “Ragazza, donna, altro” oltre a Richard Russo con “Le conseguenze”; quest’ultimi purtroppo assenti all’intervento per motivi legati all’emergenza sanitaria covid-19. In veste di presentatore troviamo ancora una volta lo scrittore Alessandro Mari che non si astiene dal far trasparire l’amore per i libri presentati attraverso le domande poste lasciando peraltro gran spazio a ciascun autore di esprimere il proprio percorso di produzione artistica. Le scuole del territorio presenti hanno inoltre avuto modo di esporre le proprie curiosità verso gli scrittori e le loro opere, creando così un dialogo almeno con chi ha potuto assistere all’evento dal vivo anziché in streaming.
Per il primo incontro, il presentatore invita sul palco Kader Abdolah, autore de “Il Sentiero delle Babbucce Gialle”. Il libro, pubblicato nel 2018 da Iperborea, tratta della storia di Sultan ed è diviso nelle tre parti principali della sua vita: l’infanzia, passata in Iran, l’inizio della carriera come regista, con l’attraversamento delle fasi della storia iraniana (la dittatura di Khomeini e la guerra con l’Iraq), e un’ultima parte in cui si narra il ritiro in una fattoria in Olanda. Dopo una breve introduzione dell’opera e i saluti di Abdolah al pubblico, l’intervista si apre con la domanda: “Com’è scrivere in una lingua che non è la tua?” Il romanzo è stato originariamente scritto in olandese e non nella lingua madre dell’autore, il persiano. A 15 anni Abdolah sognava di diventare uno scrittore, ma ogni volta che entrava in una libreria di città si sentiva fortemente demotivato: i più importanti scrittori avevano già raccontato di grandi amori, guerre, e non avevano lasciato nient’altro di cui si potesse scrivere. Numerosi anni dopo, quando l’autore viene costretto a fuggire dal suo paese a causa della dittatura degli ayatollah e si rifugia in Olanda, capisce che in realtà c’era qualcosa rimasto da scrivere per lui: l’immigrazione, un argomento prima mai toccato. Capisce di essere scappato per incontrare la lingua e la cultura olandese, per scrivere di persone olandesi, dei meravigliosi sentieri vicino ai prati e ai pascoli di mucche che vi si trovano, ma anche per raccontare del sole, delle montagne e della cultura persiana. La letteratura olandese, ma anche quella europea, aveva bisogno di una nuova voce: la voce dei Jinn, delle donne iraniane, della Persia con la sua storia. Come scrittore, Abdolah aveva il dovere di far sentire la loro voce. “È stato assolutamente difficile scrivere in olandese”, afferma l’autore. “È una lingua articolata ma ormai è diventata la mia. Vivo in questa meravigliosa lingua, è la lingua più bella in cui io abbia mai scritto. Ho dovuto combattere con ogni parola perché diventasse di mia proprietà. È difficile come l’amore, ma tu vuoi sempre essere innamorato”. Prima della fine dell’incontro, Abdolah fa un’ultima richiesta: sua madre soffre di demenza senile e non riesce più a riconoscerlo. Nonostante questo, la donna si interessa della sua vita e quando il figlio le dice che terrà delle conferenze sui suoi libri lei gli fa sempre promettere di mandarle una foto. Per mantenere il suo impegno, egli sfila il cellulare dalla tasca e immortala con uno scatto il pubblico per mostrarlo alla madre. Il primo incontro si conclude così con un toccante istante d’emozione.
Si passa poi a “Un mondo a portata di mano” di Maylis de Kerangal. L’autrice prende posto dove prima era seduto Kader Abdolah e prende il via il secondo incontro. Alessandro Mari riassume brevemente la trama del libro. La protagonista, Paula, decide di cementarsi nello studio del trompe l’oeil, un genere pittorico che ha lo scopo di creare l’illusione, con dedizione e passione. Condivide questa passione con altri due ragazzi, suoi compagni all’istituto di pittura di Bruxelles. Una volta preso il diploma comincia a fare la “nomade” in giro per il mondo, inseguendo questo mestiere. L’ultima sfida che affronterà alla fine del libro sarà quella di realizzare la copia delle grotte di Lascaux. In un libro che tratta dell’arte dei dettagli, l’autrice non può fare a meno che descrivere e raccontare la vicenda in modo minuzioso. Nella letteratura, la questione dei dettagli, della precisione è cruciale, è una resistenza alla standardizzazione e all’appiattimento della lingua. Quando deve ricostruire una storia, de Kerangal cerca i dettagli e il linguaggio del personaggio per riuscire a portarlo alla vita nel modo migliore, per allontanare la storia dalla banalità, in un mondo che va veloce e dove non c’è il tempo di cercare l’esattezza della parola. Secondo lei la letteratura è un distacco, è la pazienza, è l’emozione: la scrittrice definisce l’emozione come un meravigliarsi, come il ritrovamento dello stupore nei giacimenti, nelle miniere nascoste della nostra lingua. La letteratura dà accesso alla finzione, grazie a essa si esplora il mondo sconosciuto di cui poi si dà una rappresentazione. La letteratura è l’emozione di dirigersi verso un mondo che non consociamo e che ci porta a scoprire qualcosa di noi. Lavorare il linguaggio in un modo denso è fondamentale. È un modo per accedere al sapere. La letteratura fa circolare il sapere e la conoscenza è fondamentale.
L’ultimo autore – ma non per importanza – a salire sul palco è un nostro connazionale: Nicola Lagioia; già vincitore del Premio Strega 2014, questa volta sceglie di uscire dalla sua comfort zone per immergersi in una narrazione “true crime” dell’omicidio di Luca Varani che scosse Roma e l’Italia intera nel 2016 per l’apparente mancanza di senso del gesto compiuto da due ragazzi benestanti, sensazione angosciante di cui il narratore impregna l’inchiostro di ogni pagina. Proprio parlando della capitale – personaggio silente, ma fondamentale per il romanzo - inizia l’intervento di Lagioia e, sebbene sia originario di Bari, traspare il fascino che la Città Eterna ricca di misteri fin dalla sua mitica fondazione esercita su di lui che ormai ci abita da anni. Spinge alla scrittura la necessità di mettere in luce la visione portata all’estremo di una società spaccata in due, divisa fra buoni e cattivi, nella quale pure i carnefici non riescono a prendere coscienza dei delitti commessi, in totale antitesi alla tradizione letteraria dei grandi classici moderni, si pensi solo – come fatto notare dall’autore stesso – a “Delitto e Castigo”. È un bisogno impellente di comprendere, che rapisce e sfinisce al tempo stesso, solo la visione prima della tomba dell’ucciso e poi della camera, intatta, come se non fosse mai scomparso, ha creato nell’autore un blocco emotivo tale da riuscire a interrompere quello che era diventato uno scavo antropologico nella memoria dei fatti che lo aveva reso giornalista più che scrittore, rischiando però di compromettere se stesso e la dignità della morte stessa. L’evento si è concluso e la suspense per i risultati della premiazione che si terrà nel pomeriggio aleggia nell’aria unita a una gran voglia di arricchire ancor di più il proprio animo.
Stefania Grobnicu V^C SCI e Giulia Trentin III^A LIN